Università piemontesi alla riscossa
Contrariamente a quanto avviene nel resto d’Italia, dove le università fanno fatica a mantenere il numero degli studenti degli anni precedenti, in Piemonte si sta verificando una positiva inversione di tendenza. E così, ricorda il quotidiano La Stampa, se fino a dieci anni fa gli studenti piemontesi andavano in altre regioni per poter completare il proprio percorso di studio, oggi sono proprio gli atenei piemontesi ad attrarre nuovi studenti da tutte le parti d’Italia, ergendosi come primi per appeal in tutta Italia.
Stando alle ricerche effettuate dalla Fondazione Res, ad esempio, il tasso di attrattività delle università piemontesi è passato dal 12 per cento al 25 per cento. E se rispetto al 2008 gli immatricolati alle università italiane sono calati del 20 per cento, in Piemonte sono aumentati, pur di qualche punto percentuale, ma con il picco del Politecnico, dove gli immatricolati sono cresciuti del 32,4 per cento rispetto al 2003.
Al di là di tale spunto statistico, il panorama universitario italiano continua a manifestare chiari segnali di declino. A cominciare dagli investimenti: l’Italia ha speso per il finanziamento dell’Università 7 miliardi di euro, contro i 27 miliardi di euro della Germania. Ad aumentare sono invece le tasse, che ne lcorso degli ultimi 10 anni sono cresciute mediamente del 60%.
Tornando al grado di attrattività delle università piemontesi, a parlare sul quotidiano torinese è il rettore dell’Università di Torino, Gianmaria Ajani, secondo cui il fatto che gli atenei piemontesi attirino così tanti studenti dal Sud non sarebbe affatto un buon segno per il Paese, poichè indica squilibrio. E lo squilibrio, alla lunga, potrebbe generare un impatto negativo anche per il Nord del Paese.
Per quanto concerne i punti di vantaggio degli atenei piemontesi, secondo gli esperti il segreto potrebbe essere un buon mix tra la qualità dei corsi e quello della zona urbana. Non mancano, comunque, i punti di miglioramento: le borse vengono considerate ancora basse, e tali da impedire di attrarre talenti dall’estero, mentre i ricercatori continuano a lamentare la precarietà, in aggiunta al blocco del turn over. Insomma, c’è tanto da fare ma, almeno per il gruppo di istituti piemontesi, il punto di partenza sembra essere sufficientemente soddisfacente.