Aprire la partita IVA per i giovani?
Lo scenario attuale dell’occupazione giovanile è tale per cui si capisce bene come e perché siano cambiate le condizioni lavorative di una folta schiera di under 35 (e non solo), che hanno “scelto” di lavorare come ‘freelance’, liberi professionisti senza molte altre possibilità, visto che le aziende disposte ad assumere sono molto poche e che i contratti sono un vero miraggio per la maggioranza! Freelance è la nuova collocazione per i senza un contratto e senza ufficio, ma con tanti progetti da realizzare!
L’esigenza quindi, stando a quanto ne consegue, è quella di trovare una forma adeguata alla propria posizione fiscale/contributiva. Non resta che aprire la partita IVA! Ma conviene? Innanzitutto, chiariamo che aprire una partita IVA di per sé non comporta alcun costo, a parte la parcella da pagare al professionista che ci assiste. Quali sono allora le spese che dobbiamo sostenere? Le spese sono relative all’iscrizione alla Camera di Commercio, con il diritto camerale, che si aggira attorno ai 60 euro annui, e all’iscrizione dal costo di circa 36 euro, i contributi INPS e altre spese annuali fisse (Irpef).
Tuttavia se state pensando di aprire la partita IVA e non sapete come regolarvi fra i vari regimi, dovete dare un’occhiata ai cambiamenti introdotti dal 1° gennaio 2016 con le novità dalla nuova Legge di Stabilità, che hanno modificato le regole per i regimi con partita IVA agevolata passando dal regime dei minimi al regime forfetario. Ma cosa significa in pratica?
In primis, chiariamo subito che il regime dei minimi – che nello specifico riguarda il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità – potrà essere mantenuto fino al compimento del 35° anno di età del contribuente. I due regimi – dei minimi e forfettario – sono entrambi ancora in vigore, e le domande dei cittadini sono tante…quali sono le varianti e le possibilità per chi apre una partita IVA nel 2016?
E la risposta è questa: la Legge di Stabilità 2016 è intervenuta eliminato la possibilità di aprire una partita IVA con il regime dei contribuenti minimi. I contribuenti che vogliono aprire una partita IVA agevolata, dal 1° gennaio, possono solo disporre del regime forfetario. Malgrado ciò il regime dei minimi non è scomparso del tutto…ma anche a questa apparente contraddizione pare esserci una adeguata spiegazione!
Chi ha aperto la partita Iva prima del 2016 con Regime dei Minimi agevolato, può mantenerlo fino a naturale scadenza (35° anno di età), mentre dal 1° gennaio 2016 chi volesse avviare la partita IVA ha come unica forma agevolativa attuabile, il forfettario.
Il regime dei minimi prevede che vi siano questi requisiti:
- un limite annuo di fatturato pari a 30 mila euro;
- contributi previdenziali INPS da versare nella gestione separata pari al 27,72% da calcolare sul ricavi–costi.
Il regime dei minimi prevede la possibilità di scaricare totalmente solo alcune spese; - imposta sostitutiva Irpef e delle addizionali pari al 5% (ricavi–costi-contrbuti Inps).
Partita Iva con Regime Forfettario 2016
La Legge di Stabilità con il nuovo forfettario ha comportato un superamento del regime dei minimi. I due regimi sono in parte simili, ma nel nuovo vi sono delle migliorie rispetto alla possibilità di computare i costi: viene meno il requisito del limite massimo di fatturato di 30 mila euro per tutti ma cambia il limite per rientrare in base al tipo di attività. Per ciascuna categoria è applicato un tetto limite di fatturato ed un coefficiente di redditività.
Sul portale Affarimiei.biz c’è questo approfondimento molto utile che vi consigliamo di leggere e che entra nel dettaglio per dare un quadro preciso sul cambiamento che ha riguardato la partita IVA ed il passaggio dal regime dei minimi al regime forfettario.
Le attività hanno la possibilità di sottrarre al reddito solo i costi derivanti dal versamento dei contributi previdenziali mentre l’imponibile su cui calcolare la ritenuta sostitutiva di IRPEF e addizionali viene calcolata sulla base del coefficiente di redditività. Il calcolo, in base al fatturato, deve mettere in conto i contributi INPS da sottrarre dal totale; l’imponibile viene determinato da una percentuale data dal coefficiente di redditività applicato. Su tutto questo conteggio si deve applicare la ritenuta del 5%, valida per i primi 5 anni (dopo si passa ad una ritenuta sostitutiva pari al 15%).
Quale regime è il migliore per mettersi in proprio?
Le risposte variano da caso a caso. Il regime dei minimi è preferibile (ma se lo si è scelto nel corso del 2015) se si svolge una professione senza collaboratori e se si hanno volumi relativamente bassi, e lo stesso vale per il nuovo regime forfettario. Il regime ordinario, di cui non abbiamo parlato qui perché non era pertinente, è indicato quando si ha un’attività che prevede maggiori spese da sostenere, la retribuzione di eventuali collaboratori come anche l’acquisto di beni e/o servizi.