Studenti bianchi discriminati nelle Università (secondo Trump)
Il New York Times ha rivelato che l’amministrazione Trump desidera mettere sotto indagine quelle università che applicano la c.d. “affirmative action” e che a parità di punteggio ammettono prima un candidato afroamericano o ispanico, rispetto a un candidato bianco. Insomma, Trump desidera porre nel mirino quegli istituti che – a suo modo di vedere – discriminerebbero gli studenti bianchi, favorendo invece gli altri.
E anche se la notizia potrebbe essere superficialmente accolta con ironia (così peraltro è stata accolta sui social network nelle prime ore di diffusione), in realtà il New York Times rilancia con insistenza, affermando di essere in possesso di un memo del Dipartimento di Giustizia in cui si cercano dei candidati disponibili a lavorare a un nuovo progetto che, appunto, prevede di compiere delle specifiche indagini, e eventualmente intentare delle cause, nei confronti di quei casi di discriminazione su base razziale “condotta in modo intenzionale nelle procedure di ammissione dei college e delle università”.
Ad ogni modo, è anche vero che nel documento non vengono indicati chi possano essere i soggetti che sono potenzialmente a rischio di discriminazione. Tuttavia, il tenore del documento non lascia molti dubbi e permette di desumere ciò: il riferimento a pratiche discriminatorie intenzionali è infatti un riferimento all’affirmative action, un sistema di discriminazione positiva che permette di dare una spinta a chi è svantaggiato, in maniera tale che a parità di punteggio passi prima il candidato afroamericano o ispanico rispetto a quello bianco.
Non è nemmeno una novità che il sistema dell’affirmative action venga messo in discussione. L’ultimo caso celebre risale a un anno fa, quando la Corte Suprema è dovuta intervenire sul caso di una ragazza bianca che era stata respinta dall’Università del Texas, ribadendo la legittimità delle procedure che promuovono la diversificazione razziale nelle università.
Infine, il quotidiano newyorkese fa notare come l’inchiesta sia già stata affidata al dipartimento dei Diritti civili, i cui impiegati non sono funzionari pubblici, ma sono di nomina politica, e non alla sezione Opportunità educative, che di norma si occupa di vicende legate al mondo della scuola e delle università. Un dettaglio che non è tale, e che potrebbe influenzare fortemente l’esito delle indagini, alimentando nuove polemiche circa le azioni dell’amministrazione statunitense.